Vino e distillati, costi schizzati del 35%: mancano bottiglie, tappi, capsule, vetri. La guerra “bombarda” i produttori

May 9, 2022 0 By wp_14513721

Perdite di fatturato notevoli, tra Kiev e Mosca le produzioni di soda e vetri e degli accessori come le gabbiette per gli spumanti sono pressoché bloccate

La guerra in Ucraina ha fatto schizzare del 35% i costi per il vino, i distillati e i liquori italiani con un impatto pesante sulle aziende vitivinicole. È l’allarme lanciato dal presidente della Coldiretti Ettore Prandini al Vinitaly, un fattore che interessa molte aziende del vino, della grappa, dei liquori a Nordest. 

Coldiretti: imballaggi in continuo aumento, impossibile programmare

Gli effetti della guerra si fanno sentire e le aziende vitivinicole made in Italy si sono così trovate a fronteggiare aumenti unilaterali da parte dei fornitori di imballaggi che – spiega la Coldiretti – arrivano oggi a pesare sui bilanci per oltre un miliardo di euro. Una bottiglia di vetro costa più del 30% in più rispetto allo scorso anno, mentre il prezzo dei tappi ha superato il 20% per quelli di sughero e addirittura il 40% per quelli di altri materiali. Le gabbiette per i tappi degli spumanti hanno subito aumenti nell’ordine del 20% ma per le etichette e per i cartoni di imballaggio si registrano rispettivamente rincari del 35% e del 45%, secondo l’analisi Coldiretti. Ma i prezzi degli ordini cambiano ormai di settimana in settimana, rendendo peraltro impossibile una normale programmazione economica nei costi aziendali. È rincarato anche il trasporto su gomma del 25% al quale si aggiunge il preoccupante aumento dei costi di container e noli marittimi, con aumenti che vanno dal 400% al 1.000%. In generale, secondo il global index Freightos, importante indice nel mercato delle spedizioni, l’attuale quotazione di un container è pari a 9.700 dollari contro 1.400 dollari di un anno fa. 

«Il sentiment a Vinitaly è positivo, c’è voglia di tornare alla normalità». Lo dice Federico Girotto, amministratore delegato di Masi Agricola, intervistato dall’Adnkronos al Vinitaly. La cantina della famiglia Boscaini si presenta al salone del vino con due focus: i 250 anni dalla prima vendemmia, anniversario che ricorre quest’anno e il progetto “Masi Green”, con le nuove annate di Fresco di Masi e di Casa Canevel-Diesel all’insegna della sostenibilità. «Fresco di Masi in un certo senso è figlio del lockdown – spiega Girotto – perché lo abbiamo pensato nel 2020 e pubblicato nel 2021 ed è un modo nuovo di leggersi per l’azienda e il marchio. Durante il covid sono emerse tendenze con il consumatore sempre più orientato alla sostenibilità e al benessere. Altro aspetto interessante è legato alla sostenibilità del packaging: La bottiglia di vetro ha un peso di 415 grammi, il 30% in meno di una normale – dice Girotto – è plastic free senza capsula ed è tutto riciclabile, compreso il tappo che è compostabile, essendo un agglomerato con un polimero naturale». Ma se il pubblico è attirato dai nuovi vini, la guerra sta causando difficoltà, come per molte altre aziende vinicole italiane, per la «indisponibilità e la lievitazione dei costi di tutti i materiali, etichette, tappi, capsule. Problemi che penalizzano tutto il settore». «Lo scenario cambia di giorno in giorno – aggiunge – e bisogna anticipare le mosse avendo scarsa visibilità su quello che accadrà nel medio termine». Masi esporta in oltre 140 Paesi con una quota export del 74% sul fatturato. Masi Agricola, società quotata su Euronext Growth Milan è tra i leader italiani nella produzione di vini premium, in mano alla famiglia Boscaini che detiene il 73,5% del capitale ha nel suo portafoglio azionario due partecipazioni di minoranza, quella di Red Circle Investments di Renzo Rosso al 10% e della Fondazione Enpaia salita di recente al 5%.

distillati by ff

Perdita di fatturato importante e carenza di vetro per le bottiglie. Sono le principali conseguenze della guerra in Ucraina che si riverbano sul Gruppo Caviro, colosso cooperativo da 390 milioni di euro di fatturato, di fatto la più grande cantina in Italia. «Il conflitto tra Russia e Ucraina ha avuto diverse conseguenze di natura commerciale, industriale e operativa. Una problematica forte è stata a livello industriale perché la Russia è da sempre uno dei principali fornitori di soda che è fondamentale nella produzione del vetro e l’Ucraina ha due importanti stabilimenti di vetro che sono stati abbandonati perché i lavoratori sono andati in guerra». È quanto afferma SimonPietro Felice, direttore generale Gruppo Caviro, intervistato dall’Adnkronos a Vinitaly. «Questa carenza di produzione di vetro si sta ribaltando sulle attività produttive di vendita del resto del gruppo – ha spiegato Felice – a noi mancano bottiglie per vendere anche negli altri Paesi, soprattutto negli Stati Uniti, in Giappone e Cina». «A livello commerciale ha significato l’interruzione delle esportazioni verso la Russia, perché se è vero che non c’è un embargo sui vini che hanno un valore sotto i 300 euro venduti in Russia – ha detto – è altrettanto vero che i flussi finanziari da e per la Russia si sono interrotti. Quindi non potendo i clienti pagare o assicurare il pagamento non è possibile spedire il vino in Russia». «La logistica e i trasporti sono problematici, noi abbiamo stoppato le vendite in Russia». «Questo per noi vuol dire rinunciare a metà dei 4 milioni di fatturato che tutti gli anni facciamo in Russia. Inoltre, il nostro principale cliente in Ucraina – ha concluso – ha un deposito di vino che è stato bombardato e quindi abbiamo dovuto interrompere i flussi commerciali, non ultimo anche per motivi etici».